MUOVENDOMI, STANDO FERMA
Maggio 6, 2024IAILAT
Maggio 28, 2024INTRECCIO
mostra collettiva, con opere di James Chu, Lei Ka Leng, Eric Foc, Antonia Ciampi, Federica Di Pietrantonio, Beatrice Pediconi, Andrea Polichetti
dal 25 maggio al 1° giugno 2024
Opening: 25 maggio, 15.00 - 19.00
COSMO - Piazza di Sant’Apollonia 13 (Trastevere) – Roma
COSMO e NO NAME studio sono felici di annunciare l’apertura della mostra collettiva Intreccio, con opere di James Chu, Lei Ka Leng, Eric Foc, Antonia Ciampi, Federica Di Pietrantonio, Beatrice Pediconi, Andrea Polichetti. Il progetto, organizzato da Art Alliance con il patrocinio del Macau Special Administrative Region Government Cultural Development Fund, è curato da Luca Ceresoli, Angelica Gatto, Carlo Maria Rossi.
L'intreccio è un concetto che risuona attraverso le epoche, le culture e le discipline, unendo fili di significato in un tessuto ricco e complesso. Nell'ambito di questa mostra - che pone in dialogo artisti e artiste diversi per ricerche, provenienza geografica e generazione - esso diventa una metafora visiva della connessione, dell’interferenza reciproca e della diversità che permeano il contemporaneo, facendo della complessità una risorsa fondamentale ad approfondire dinamiche globali nell’ottica dello sviluppo di un’apertura dei confini - geografici, culturali, speculativi – per fornire una visione rinnovata del nostro universo in trasformazione.
L'intreccio di fili o materiali può rappresentare l'armonia e l'unità. Questo concetto si basa sull'idea che più elementi diversi si uniscono, più forti diventano. In alcune tradizioni, particolarmente nella cultura cinese, l'intreccio è associato all'idea di eternità e continuità. Come atto di connessione per intrecciare storie, esperienze e prospettive, in un insieme armonioso ma mai irriducibile a una unità omogenea, l’intreccio consente di intersecare in una trama sette diversi linguaggi, con l’intento di generare un dialogo che sia il risultato di una tessitura eterogenea, seppur parziale, di visioni e prospettive sul segno e sulle sue diverse declinazioni.
Ne La ricerca della lingua perfetta (1993) Umberto Eco esplora il tema della ricerca di una lingua universale, analizzando le varie teorie e tentativi storici di creare una lingua perfetta, comprensibile da tutti gli esseri umani. Eco inizia esaminando il mito della Torre di Babele e la sua relazione con il desiderio umano di una lingua universale. Successivamente, esplora le idee di filosofi, linguisti e utopisti che hanno proposto diverse soluzioni per la creazione di una lingua ideale, come il latino, l'esperanto e il volapük. Attraverso esempi storici e analisi critica, Eco mette in discussione l'idea stessa di una lingua perfetta, evidenziando le sfide concettuali e pratiche legate alla sua realizzazione. Affrontando anche il tema dell'identità linguistica e culturale, il saggio esplora come le lingue riflettano e influenzino le società e le culture in cui sono parlate. Mutuando da Eco questa complessa stratificazione di significati, sfumature e approcci, la mostra ha evidenziato il desiderio di mantenere vive e non omogenee le ricerche di ciascuno degli artisti coinvolti, andando a sottolineare l’importanza di una dimensione dialogica e di uno spazio trasformativo sia a livello curatoriale che visivo.
“Orientalismo è un ripensamento di quello che per secoli è stato ritenuto un abisso invalicabile tra Oriente e Occidente. Il mio scopo non era tanto eliminare le differenze – chi mai può negare il carattere costitutivo delle differenze nazionali e culturali nei rapporti tra esseri umani? –, quanto sfidare l’idea che le differenze comportino necessariamente ostilità, un assieme congelato e reificato di essenze in opposizione, e l’intera conoscenza polemica costruita su questa base. Ciò che auspicavo era un nuovo modo di leggere le separazioni e i conflitti che avevano provocato ostilità, guerre e l’affermarsi del controllo imperialista”. Nella postfazione al suo saggio Orientalismo. L'immagine europea dell'Oriente (1978), Edward W. Said ha ridefinito le modalità con cui l'Europa rappresenta, nella sua storia, l'"Oriente", sottolineando il ruolo di autoaffermazione e controllo preposti alla definizione dell’identità europea in antitesi binaria con le altre identità nazionali.
La filosofia orientale spesso abbraccia l'idea di interconnessione e interdipendenza, vedendo il mondo come un insieme intricato di cause ed effetti, dove ogni cosa è legata in modo invisibile all'altra. L'intreccio diventa un viaggio attraverso lo spazio-tempo dando voce a visioni del mondo che si intersecano per creare un dialogo ideale che oltrepassa le frontiere geografiche e culturali.
La pratica di James Chu, selezionato nel 2011 per rappresentare Macao alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, si focalizza principalmente sui media della pittura e dell’installazione; la sua indagine si concentra sulla relazione tra spazio e tempo, a partire dal concetto di impermanenza. Per Chu, linea e composizione sono i due elementi protesi alla creazione di una discendenza generativa tra interno ed esterno, tra espressione e atto pittorico.
Lei Ka Leng è una delle principali artiste multimediali attive a Macao; impiega la tecnologia per condurre un’indagine approfondita delle dinamiche sociale contemporanee, approfondendo gli aspetti legati alla sfera emotiva e all’integrazione del rapporto tra sfera tecnologica e natura.
Il lavoro di Eric Fok fa riferimento alla letteratura di viaggio e alle mappe dei viaggiatori dell’ovest, degli avventurieri, dei missionari; l’Oriente storico viene reinventato a partire dalle esperienze di viaggio di questi soggetti disparati, ripercorrendo l’origine del colonialismo ed esaminando le questioni correlate ai flussi migratori di intere popolazioni. Fok traspone culture e storie molteplici, desideri e speranze all’interno di meticolose mappe su carta, testimoni di un passato che intreccia il presente in un dialogo ravvicinato e costante.
Le sperimentazioni di Antonia Ciampi partono dall'assunzione dei meccanismi di funzionamento di un codice d'uso fortemente standardizzato, per sottoporlo, in un secondo momento, ad un processo di estrapolazione e di rovesciamento. Nonostante i molteplici medium utilizzati nel suo processo creativo il suo lavoro viene condotto sempre con spirito ludico-provocatorio. Nella produzione delle sue opere, l’artista, dialoga con il fruitore fino ad ottenerne connotazioni materico-formali e semantiche non-usuali, non-prevedibili, che provocano lo spiazzamento.
Rifiutandosi di rientrare all’interno di una categoria prestabilita, la ricerca di Beatrice Pediconi indaga la natura mobile, instabile, fragile e transitoria dell’esistenza,attraverso la rappresentazione di immagini fluttuanti generate da un processo di trasformazione della materia, impossibile da controllare completamente. All’interno di questo processo, l’acqua è il medium di cui l’artista si serve per realizzare i propri lavori. Il risultato finale corrisponde a una serie di azioni in cui diverse tecniche (pittura, disegno, video e fotografia)vengono integrate tra loro in maniera non convenzionale.
La ricerca di Andrea Polichetti si pone sul crinale tra natura e industria sperimentando l’impiego di materiali molteplici che portano con loro la memoria del segno gestuale così come la traccia della loro granitica presenza. Esprimendosi attraverso diversi linguaggi - che passano dal disegno alla cianotipia fino a raggiungere le dimensioni ambientali di un linguaggio scultoreo che lega i materiali alla luce attraverso l’utilizzo del neon - il lavoro di Polichetti riflette sulle implicazioni dell’impermanenza e della caducità̀ del tempo, ponendosi in relazione con lo spazio e la sua articolazione.
Per Federica Di Pietrantonio la pittura diventa un mezzo per elaborare i detritidella cultura contemporanea e la sovraesposizione mediatica di cui la nostra società è il prodotto. Attraverso il linguaggio pittorico, Di Pietrantonio congela, rendendoli permanenti, i segni e le tracce di un immaginario effimero e transitorio. I suoi riferimenti visivi provengono dal panorama mediale dell'intrattenimento, un archivio effimero di referenti che vengono catturati, e decostruiti, attraverso un intervento conscio di interpretazione e conservazione di un panorama cultural-generazionale altrimenti destinato a dissolversi.